La Nostra Storia

Ai piedi del promontorio che ospita la torre aragonese di Chia, nella Sardegna Sud-Ocidentale, si erge un sito archeologico che ci riporta a tempi molto lontani: Bithia.
Bithia era una delle città-stato sarde insieme a Karalis, Nora, Sulki, Nabui (Neapolis), Tharros, Cornus, Olbia.

Carta Raspi fin dagli anni cinquanta dimostra che queste città avevano un nome asiano e quindi non furono fondate né dai fenici, né dai punici, semmai questi ultimi, secoli dopo, da villaggi primitivi li rafforzarono come città stato per poter incrementare i rapporti commerciali. Gli Sherdana (per alcuni Shardana), non i Fenici, fondarono le città-stato sarde. Essi arrivano in Sardegna dalla Lidia , regione dell’Asia Minore, guidati da Sardus durante l’età del bronzo recente, tra il 1300 ed il 1150 a.C. Trovarono l’isola già occupata dai nuragici e si stabilirono lungo le lingue di terra che si inoltravano per breve tratto nel mare.
La nuova campagna di scavo nell’acropoli di Bithia conferma la teoria del Carta Raspi, infatti recentemente sono stati rinvenuti manufatti di grande valore come un bronzetto, che testimonierebbe come in quella zona, prima di una città fenicia e poi punica, si trovasse un insediamento dei Sherdana.

Bithia divenne poi romana e questo è fra l’altro testimoniato dalla presenza di un bellissimo sentiero costiero che si sviluppa sulla costa Sud-Occidentale, tra Pinus Village e la spiaggia di Torre Chia, che un tempo era parte dell’antica strada Romana che collegava Nora a Bithia.

Le incursioni e le scorribande piratesche, che seguirono alla caduta dell’impero romano, fecero sì che la popolazione si ritirasse nei territori interni e la città venne abbandonata agli inizi del VII secolo d.C., il mare nel corso dei secoli ha lavato via parte del passato.
Ma a ricordare che il mare non solo porta via ma anche restituisce possiamo vedere come le mareggiate e gli scavi che si sono susseguiti a partire dagli anni Trenta del Novecento hanno portato alla luce grandi quantità di reperti sia di età fenicia che punico-ellenistica.

Infatti proprio in quegli anni, in seguito a forti mareggiate, vennero alla luce alcune emergenze della città: nell’isolotto di Su Cardolinu, che si allunga nel mare attraverso un istmo molto ristretto, troviamo i resti di un tempio punico costruito dai cartaginesi e reperti che fanno ipotizzare la presenza di un Tophet, un santuario fenicio che sembra puntare verso oriente, forse per indicare l’origine della civiltà che è passata su queste terre.
Nella parte bassa del promontorio su cui sorge Bithia con gli scavi più recenti è stata rinvenuta una necropoli fenicia intatta che ha restituito oggetti di pregio come uova di struzzo decorate e utilizzate come brocche, con l’aggiunta di protesi in avorio simili a quelle scavate nelle necropoli etrusche, lungo il corso dell’Arno. Inoltre, insieme alle ceramiche fenicie, nelle tombe di Bithia si trovano anche ceramiche etrusche integre.
I materiali scavati suggeriscono un feeling fra l’Etruria, i fenici e i cartaginesi, come dimostrano le navi di Pyrgi nel santuario del porto di Cerveteri che presentano lettere scritte in etrusco e in punico.
Interessanti, oltre alle classiche incinerazioni fenicie, sono alcune tombe a inumazione in cui il defunto porta sul petto un pugnaletto e resti in ferro e bronzo. Erano personaggi sherdana-nuragici di alto rango che, intorno al 650 a.C., vivevano insieme ai fenici. Sono stati trovati anche vasi nuragici contenenti resti carbonizzati di defunti, quindi un rito fenicio applicato a personaggi sardi. Si deduce che anche Bithia è un insediamento misto che mostra una forte integrazione

Sono tutt’ora visibili anche alcune sezioni di mura, qualche abitazione e soprattutto il tempio di Bes, di età romana, che si trova nell’area dello stagno di Chia, ai piedi del promontorio su cui sorge la torre spagnola. Un accostamento suggestivo di archeologia e fauna tipica di questa area, tra cui spiccano, sinuosi e indifferenti, i fenicotteri rosa. Nei pressi del tempio è stata ritrovata anche la statua in arenaria del Dio Bes con forma bovina, conservata attualmente nel Museo Archeologico di Cagliari.
Si tratta di una divinità benefica egiziana, introdotta dai primi commercianti levantini, venerata anche in Sardegna, a dimostrazione della pluralità di contatti con il mondo esterno. Bes fu forse integrato in Sardegna con qualche divinità della salute, come suggeriscono altre statuette di età romana rinvenute nell’isola.
Molte sculture sono realizzate da artigiani specializzati nell’arte di produrre vasi perché le forme derivano da quella scuola, ciò è testimoniato dai rotolini in argilla che sono applicati ai vasi per ottenere figure antropomorfe.